La produzione vinicola sabina affonda le sue origini al tempo dei Romani. Da allora le tecniche si sono tramandate e giunte ai giorni nostri. Gli ultimi secoli non hanno visto una grande attenzione allo sviluppo della produzione vinicola, anche se recentemente la tendenza sembra aver invertito il senso di marcia e alcune aziende si sono dedicate alla rinascita di questo settore. Dal 1996 il vino Colli della Sabina è a marchio DOP.
Che la Sabina sia una terra di olivi e viti lo sapevano anche i Romani. Plinio Il Vecchio, Strabone, Orazio citano i vigneti che poi sono nominati nei documenti medievali, e successivamente in quelli dello Stato Pontificio; tutte testimonianze non solo della vocazione del territorio alla coltivazione delle viti e alla produzione del vino, ma anche del fatto che le popolazioni locali disponessero di tecniche colturali e di produzione vinicola che sono state tramandate e che, seppure con le dovute migliorie arrivate con l’epoca moderna, sono tuttora rispettate.
Il vino DOP Colli della Sabina viene prodotto in una zona a cavallo tra le province di Rieti e Roma, in un’area ben delimitata, individuata, con un elenco esaustivo di comuni nel disciplinare per la produzione. Anche i processi di vinificazione e imbottigliamento devono rispettare rigorosamente questo criterio geografico.
Il terreno pianeggiante e collinare, cinto dalla valle del Tevere da un lato e dai Monti Sabini dall’altro, è esposto a sud ovest, e presenta una conformazione argillosa. Viene battuto da una buona quantità di piogge durante l’anno, e si inaridisce nel trimestre giugno, luglio, agosto. Rimanendo assolato anche per settembre e ottobre.
Il clima non è troppo rigido, la temperatura media oscilla intorno ai 14 gradi: abbiamo quindi elencato quei fattori pedoclimatici che rendono quest’area la “culla” ideale per uve che maturano piano, e che danno vita a un vino con una struttura ben riconoscibile.
Proprio per questo inscindibile legame con il territorio dove nasce, il Colli della Sabina è un vino a Denominazione di Origine Controllata, sin dal 1996: un ente di controllo certifica che la coltivazione dell’uva, la produzione del vino, l’imbottigliamento, la composizione del vino stesso rispettino i criteri definiti ed esplicitati dal disciplinare di produzione. La denominazione è riservata ai vini bianchi e spumante, e a quelli rossi, rosati o novelli, che siano rigidamente adeguati al suddetto documento.
Le uve che danno vita a questi vini sono la Malvasia del Lazio e il Trebbiano della Toscana e giallo per il bianco, mentre per il rosso il Sangiovese e il Montepulciano. Possono contribuire anche vitigni a bacca bianca o rossa, a seconda del caso, del territorio, a patto di non eccedere determinate percentuali.
La differenza di varietà di uve usate determina differenti sapori e caratteri. Il bianco ha note fruttate, dal colore giallo paglierino, e il sapore va dal secco all’amabile. Il rosso, dall’intensa sfumatura rubino, presenta anch’esso note fruttate, e ha un sapore deciso, secco. Mentre il rosato, dalla tonalità più chiara rispetto al rosso ma di un colore che può essere anche piuttosto intenso, colpisce il palato con il suo gusto fresco, che va dal secco all’amabile.
Le varianti che possiamo trovare in commercio sono queste: bianco, bianco frizzante, bianco spumante, rosso, rosso frizzante, rosso novello, rosso spumante, rosato e rosato frizzante. In tutte le sue versioni, il Colli della Sabina DOP è poco amaro, non eccessivamente alcolico, con una buona struttura e un’acidità nella norma.
A Poggio Mirteto si produce il vino Otio Lazio, grazie all’impiego di uve Montepulciano, Cabernet Sauvignon e Merlot, che vengono lasciate macerare per poi maturare in piccoli fusti di rovere. Il prodotto finale è un vino dal rosso intenso, profumato di note di fiori e frutti rossi, che anticipano un sapore pieno e consistente.
Il Domina Sabinae è un vino bianco di carattere, molto alcolico, e con un gusto avvolgente, in cui la nota data dal vitigno della Malvasia del Lazio prevale sulle uve del Trebbiano Toscano e della Falanghina, pure presenti ma in minor percentuale. composto da Malvasia del Lazio al 50%, Trebbiano toscano al 35% e Falanghina al 15%.
Infine, il bianco Pecorino, che nasce dal vitigno autoctono omonimo. Giallo paglierino, sia all’olfatto sia al gusto regala un sentore di frutta e fiori.
Il vino rosso fa sangue? Sarà vero?
L’antico adagio comincia a trovare qualche fondamento scientifico, visti alcuni recenti studi che hanno individuato nei semi dell’uva i procianidolici, vasodilatatori che hanno effetti benefici sul sangue e sul cuore. Occorre però tenere presente che un consumo non moderato di vino, così come di qualunque sostanza alcolica, comporta problemi molto seri al fegato, al metabolismo, ma anche al cuore e alla circolazione. Quindi, è un piacere di cui godere con misura.
Gli ultimi secoli non hanno visto un grande sviluppo di quella che rimane una tradizione del territorio, la produzione di vino: questa rimaneva legata ad un ambito domestico e di soddisfazione del fabbisogno familiare o di una ristretta dimensione locale.
Recentemente, si sta assistendo a un inizio di controtendenza, con alcune aziende impegnate nella promozione e nella commercializzazione di prodotti che suscitano grande interesse negli addetti al settore e nei consumatori. Riconoscimenti e premi dalle riviste specializzate non stanno tardando ad arrivare.
Il vino è sinonimo di convivialità, di chiacchiere tra amici, di feste gioiose. Ed è quindi naturale il suo essere protagonista di feste e sagre là dove viene prodotto.
A Magliano Sabina (RI), la prima festa del vino risale al 1929: di solito in concomitanza con San Martino, quindi il secondo fine settimana di novembre, la Festa dell’olio e del vino novello accoglie i visitatori con bruschette e bicchieri di vino.
A Mentana, invece, alle porte di Roma, la Festa dell’Uva, anch’essa tradizione ampiamente consolidata, si tiene ai primi di ottobre, e propone un momento di voto tra gli astanti sul vino migliore, dopo un’attenta e gradita degustazione.
Di più recente avvio è la manifestazione estiva Il Mercato dei sapori – Come una volta… dalle cantine alle piazze di Montasola, borgo medievale della provincia di Rieti, in cui il vino è co-protagonista insieme alle specialità gastronomiche della provincia reatina.
Il vino sabino ben si sposa con la gastronomia locale, quindi cacciagione, salumi, e piatti di carne sono piacevolmente esaltati da questa bevanda, in tutte le sue varianti.
Il bianco, in particolare il frizzante ma non solo, è l’ideale contraltare di piatti di pesce, alimento ben presente e tipicamente locale, vista l’ampia presenza di laghi nella zona. Ma anche formaggi, legumi e piatti a base di funghi e tartufi, gustoso retaggio degli ambienti boschivi del reatino, sono accompagnati in maniera splendida.
Gli spumanti sono poi deliziosi insieme ai dolci di ogni tipo.
Festa dell’olio e del vino novello Magliano Sabina (RI) Secondo fine settimana di novembre |
Festa dell’uva Mentana (RM) Inizio ottobre |
Il Mercato dei sapori – Come una volta… dalle cantine alle piazze Montasola (RI) Fine luglio |
Il Giorno di Bacco Palombara Sabina (RM) Metà novembre |
Cantalupo in Sabina (RI) |
Castelnuovo di Farfa (RI) |
Collevecchio (RI) |
Fara in Sabina (RI) |
Forano (RI) |
Guidonia (RM) |
Magliano Sabina (RI) |
Marcellina (RM) |
Mentana (RM) |
Montebuono (RI) |
Montelibretti (RI) |
Monterotondo (RM) |
Montopoli in Sabina (RI) |
Montorio Romano (RM) |
Moricone (RM) |
Nerola (RM) |
Palombara Sabina (RM) |
Poggio Catino (RI) |
Poggio Mirteto (RI) |
San Polo dei Cavalieri (RI) |
Sant’Angelo Romano (RM) |
Selci (RI) |
Stimigliano (RI) |
Tarano (RI) |
Torri in Sabina (RI) |
DOC (Denominazione di Origine Controllata) |
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